La natura veste sempre i colori dello spirito nel casino Trieste
Era gennaio, pieno inverno e, quell’anno, faceva particolarmente freddo. A differenza del tipico inverno a cui ero abituata sin da bambina, aveva nevicato già varie volte. Ed era scesa così tanta neve che si era formato uno strato bianco che copriva tutte le cose, naturali o create dall’uomo, senza distinzione. L’aria era fredda e secca, pungeva il naso e le guance e quando espiravo una piccola nuvola di vapore usciva dalle mie narici per disperdersi nell’aria. Era difficile stare all’aperto se non avevi qualcosa da fare, però io trovavo difficile resistere al desiderio di stare all’aperto. Mai avevo vissuto qualcosa di tanto bello, mai la natura mi aveva capita così bene da regalarmi tanta bellezza. Mi sentivo completamente a mio agio circondata da tutto quel bianco, e poco importava che facesse tanto freddo se quello era il prezzo da pagare per godere della neve.
Una domenica mattina uscii con l’idea di esplorare il bosco vicino a casa e, dopo aver camminato un bel po’ assaporando il silenzio invernale e inalando l’aria frizzante, mi ritrovai davanti un edificio mai visto prima. Di certo non mi aspettavo di trovarne uno nel bosco, eppure stava proprio lì, davanti a me. C’era un’insegna sopra la porta d’entrata dai colori sgargianti che diceva “Casino Trieste” che trovai affascinante poiché illuminava la neve di un colore arancione particolarmente bello. -“Casino Trieste”-, pensai tra me e me -”Chissà cosa vorrà dire”-. Di certo non avevo idea di cosa un casino fosse, all’epoca. Nella mia città non ce n’erano e la parola mi suonava strana ed aliena. Da dentro proveniva della musica classica e vari suoni che non riuscivo a collegare con nessun oggetto familiare. Ero curiosissima. Volevo entrare, ma temevo qualcosa di terribile sarebbe successo; così mi voltai e tornai verso casa. Dentro di me continuavo a pensare all’insegna “Casino Trieste” e a cercare di decidere cosa mai quell’edificio contenesse. Non avrei mai potuto chiedere spiegazioni ai miei genitori perché avrei dovuto ammettere che mi ero allontanata nel bosco da sola e, quindi, accettare una punizione. Così passai i giorni successivi a fantasticare, ed immaginai le situazioni più disparate che includevano donzelle rinchiuse che necessitavano di un eroe per essere salvate.
Una settimana dopo, mi decisi a condividere la mia scoperta con mio cugino, di qualche anno più grande poiché non sopportavo più di vivere con il dubbio. Quando mi spiegò che cosa il Casino Trieste fosse rimasi piuttosto delusa, ovviamente. La mia fantasia di bambina ne era rimasta ferita, essendo un posto ben poco romantico o avventuroso. Una casa dove la gente spende soldi giocando a carte? Non aveva nessun senso per me. Tuttavia, non dimenticherò mai il senso di avventura che provai quando posai gli occhi su quell’insegna dai colori accesi, misteriosa. E la neve, mai dimenticherò il mio inverno con la neve.…